“… E i francesi ancor s’incazzano”.
Vabbè, Paolo Conte si riferiva al Tour de France del ’48, quando Bartali vinse stroncando francesi e belgi. La forza del ciclista italiano venne moltiplicata dal nobile scopo di allentare il clima di tensione in Italia dopo l’attentato a Palmiro Togliatti. Tuttavia dobbiamo ammettere che esiste in generale lo stereotipo del francese incazzato. E forse non si tratta di un luogo comune immotivato.
Stiamo parlando del primo popolo europeo capace di organizzare una formidabile rivoluzione armata la quale, oltre due secoli orsono, portò alla capitolazione della millenaria monarchia. Parliamo dei primi partigiani europei, centinaia di migliaia di giovani che contribuirono non poco alla liberazione della Francia dai nazisti di Hitler. Andiamo avanti con la storia, nel 1968 partono da Parigi le manifestazioni di protesta dei giovani che contaminarono l’intera Europa, e non si trattò propriamente di manifestazioni pacifiche. Chiudiamo con i gilets jaunes che, a partire dal novembre del 2018 a Parigi, hanno messo a ferro e fuoco la Francia estendendosi nelle principali città. Insomma, quando c’è da incazzarsi e protestare i francesi non vanno per il sottile.
Se dovessi scegliere un tempo, come icona storica della capacità francese d’incazzarsi, non avrei dubbi: il maggio del Sessantotto. Che si scrive con la S maiuscola perché non indica solo un anno, si tratta del titolo del più grande movimento di protesta studentesca e operaia mai visto nella storia.
E pensare che il vento rivoluzionario era partito da oltre oceano. Jim Morrison nel 1967 intona una frase semplice e inequivocabile: “We want the world and we want it now”. Ci sono persone capaci di mandare messaggi al mondo e succede a volte che questi messaggi vengano raccolti dal mondo. Infatti passa un anno appena e, nel cortile della Sorbona, Daniel Cohn-Bendit, detto Dany il Rosso, nel suo improvvisato e infuocato comizio, lancia tre slogan destinati a restare nella storia: Tutto e subito, Vietato vietare, L’immaginazione al potere. Molto chiari i gusti musicali di questo studente tedesco naturalizzato francese che seppe imporsi come uno dei principali leader del maggio francese.
È il 3 maggio del 1968. La polizia circonda la Sorbona e nascono i primi scontri; il 7 e l’8 grandi cortei attraversano Parigi; il 10 nel Quartiere Latino (il rione dell’università, a sud della Senna) sorgono barricate e per tutta notte le vie diventano un campo di battaglia, con centinaia di feriti. Il giorno 13 la rivolta tocca l’apice: mentre un manipolo di studenti occupa la Sorbona, ottocentomila scioperanti bloccano Parigi, sfilando al grido di Ce n’est qu’un debut, continuons le combat: È solo l’inizio, continuiamo la lotta.
Bruno Barbey
Paris
Francia, 1968