Il cibo, la verdura, le uova e alcuni oggetti emblematici come il mattone in terracotta e i libri, protagonisti della serie Controfigure, sono analizzati come fossero persone, ritratte con le loro caratteristiche fisiognomiche e caratteriali. La lettura di queste nature morte varia grazie all’influenza e al numero delle sorgenti luminose colorate, che accentuano le potenzialità di ogni soggetto che emerge e satura lo spazio buio. Operare in analogico ha richiesto sperimentazioni e verifiche impegnative, in particolare nella scelta delle tempistiche e del numero dei multiscatti, operati con tecniche personali. Giocare sapientemente con queste variabili, in diretta e non in postproduzione, ha permesso a Stefano Tubaro di ottenere effetti poetici emotivamente ed esteticamente coinvolgenti. A seconda dell’intento e dell’esposizione dei colori (più intensi o eterei), l’artista ha ottenuto equilibri e contrasti di ombre in grado di modellare spazi e dialogare con gli oggetti nella loro interezza. L’indaco, le sfumature accese dei rosa e dei verdi, le trasparenze dell’azzurro elettrico e i riverberi delle fonti di luce, creano narrazioni e sapori inattesi, nutrimenti per l’animo umano.
Il cibo, la verdura, le uova e alcuni oggetti emblematici come il mattone in terracotta e i libri, protagonisti della serie Controfigure, sono analizzati come fossero persone, ritratte con le loro caratteristiche fisiognomiche e caratteriali. La lettura di queste nature morte varia grazie all’influenza e al numero delle sorgenti luminose colorate, che accentuano le potenzialità di ogni soggetto che emerge e satura lo spazio buio. Operare in analogico ha richiesto sperimentazioni e verifiche impegnative, in particolare nella scelta delle tempistiche e del numero dei multiscatti, operati con tecniche personali. Giocare sapientemente con queste variabili, in diretta e non in postproduzione, ha permesso a Stefano Tubaro di ottenere effetti poetici emotivamente ed esteticamente coinvolgenti. A seconda dell’intento e dell’esposizione dei colori (più intensi o eterei), l’artista ha ottenuto equilibri e contrasti di ombre in grado di modellare spazi e dialogare con gli oggetti nella loro interezza. L’indaco, le sfumature accese dei rosa e dei verdi, le trasparenze dell’azzurro elettrico e i riverberi delle fonti di luce, creano narrazioni e sapori inattesi, nutrimenti per l’animo umano.
Le opere fotografiche della serie Contrazioni esplorano gli interni, si spostano in ambienti domestici rurali, in ospedali psichiatrici abbandonati o in locali industriali spogli e labirintici.
Le porte delle diverse stanze sono aperte su androni e corridoi deserti, che lasciano intravedere angoli disabitati e in penombra: percorsi inesplorati in cui ci si addentra con curiosità, senza mai sentirsi del tutto estranei.
Qua e là sopravvive qualche arredo in disuso che riporta in vita ricordi e saperi di un vissuto comune, ormai passato.
Questo mondo ridisegnato da Stefano Tubaro con fasci di luce dai colori artificiali e inediti, accoglie simultaneamente tempi storici e cronologici successivi: l’effetto è straniante ma coinvolgente. Raramente in questi luoghi affiorano figure fantasmatiche, autoritratti indefiniti e pulsanti. Il Divenire si conferma come cifra della sua poetica che caratterizza il primo decennio del 2000 in cui Stefano Tubaro coglie il senso di uno spazio interiore alternativo, parallelo, extra-ordinario, abitato da un genius loci rivolto all’inconscio. La forza trasformativa della ricerca affonda nella memoria e si evidenza in visioni astratte: i desideri liberati inseguono luci trasversali di matrice concettuale.
Le opere fotografiche della serie Contrazioni esplorano gli interni, si spostano in ambienti domestici rurali, in ospedali psichiatrici abbandonati o in locali industriali spogli e labirintici.
Le porte delle diverse stanze sono aperte su androni e corridoi deserti, che lasciano intravedere angoli disabitati e in penombra: percorsi inesplorati in cui ci si addentra con curiosità, senza mai sentirsi del tutto estranei.
Qua e là sopravvive qualche arredo in disuso che riporta in vita ricordi e saperi di un vissuto comune, ormai passato.
Questo mondo ridisegnato da Stefano Tubaro con fasci di luce dai colori artificiali e inediti, accoglie simultaneamente tempi storici e cronologici successivi: l’effetto è straniante ma coinvolgente. Raramente in questi luoghi affiorano figure fantasmatiche, autoritratti indefiniti e pulsanti. Il Divenire si conferma come cifra della sua poetica che caratterizza il primo decennio del 2000 in cui Stefano Tubaro coglie il senso di uno spazio interiore alternativo, parallelo, extra-ordinario, abitato da un genius loci rivolto all’inconscio. La forza trasformativa della ricerca affonda nella memoria e si evidenza in visioni astratte: i desideri liberati inseguono luci trasversali di matrice concettuale.
Diversi punti di vista indagano la realtà urbana inquadrando edifici e vie cittadine in cui dominano i rapporti e le prospettive geometriche, che sintetizzano relazioni spaziali complesse ma essenziali. Nel qui e ora della strada Stefano Tubaro va oltre il limite dell’oggettività del presente. Egli indirizza il suo sguardo fuori dallo spazio e dal tempo abituali per immergersi in assonanze e dissonanze spesso ignorate. Le linee portanti scandiscono il ritmo dei chiaroscuri e sottolineano accenti e lampi di colore.
I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali.
La luce filtra e si determina senza bisogno di fare corpo. Emerge nella leggerezza.
Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.
Diversi punti di vista indagano la realtà urbana inquadrando edifici e vie cittadine in cui dominano i rapporti e le prospettive geometriche, che sintetizzano relazioni spaziali complesse ma essenziali. Nel qui e ora della strada Stefano Tubaro va oltre il limite dell’oggettività del presente. Egli indirizza il suo sguardo fuori dallo spazio e dal tempo abituali per immergersi in assonanze e dissonanze spesso ignorate. Le linee portanti scandiscono il ritmo dei chiaroscuri e sottolineano accenti e lampi di colore.
I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali.
La luce filtra e si determina senza bisogno di fare corpo. Emerge nella leggerezza.
Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.
Diversi punti di vista indagano la realtà urbana inquadrando edifici e vie cittadine in cui dominano i rapporti e le prospettive geometriche, che sintetizzano relazioni spaziali complesse ma essenziali. Nel qui e ora della strada Stefano Tubaro va oltre il limite dell’oggettività del presente. Egli indirizza il suo sguardo fuori dallo spazio e dal tempo abituali per immergersi in assonanze e dissonanze spesso ignorate. Le linee portanti scandiscono il ritmo dei chiaroscuri e sottolineano accenti e lampi di colore.
I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali.
La luce filtra e si determina senza bisogno di fare corpo. Emerge nella leggerezza.
Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.
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I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali.
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Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.
Diversi punti di vista indagano la realtà urbana inquadrando edifici e vie cittadine in cui dominano i rapporti e le prospettive geometriche, che sintetizzano relazioni spaziali complesse ma essenziali. Nel qui e ora della strada Stefano Tubaro va oltre il limite dell’oggettività del presente. Egli indirizza il suo sguardo fuori dallo spazio e dal tempo abituali per immergersi in assonanze e dissonanze spesso ignorate. Le linee portanti scandiscono il ritmo dei chiaroscuri e sottolineano accenti e lampi di colore.
I muri intonacati, le pietre angolari, i capannoni industriali spesso inutilizzati, vivono in una luce nuova, in un tempo diverso da quello reale, saturo e cupo. Le immagini accolgono il senso vergine della poesia, percorso da cromatismi pensati e innaturali.
La luce filtra e si determina senza bisogno di fare corpo. Emerge nella leggerezza.
Ovunque traspare un’emergenza d’essere, la pulsazione storica del divenire in composizioni volutamente incomplete e interrotte.