Il progetto concepito da Ibrahim Mahama (Tamale, Ghana, 1987) per E.ART.H. si basa su temi e pratiche che egli indaga ormai da diversi anni, mediante l’uso di materiale di recupero, architetture abbandonate, oggetti riciclati e ricontestualizzati, attraverso nuovi usi e nuovi processi creativi.
Ogni oggetto porta con sé ricordi, simbolismi, tracce di luoghi e storie che in qualche modo restano intrappolati in esso. Ridare nuova vita – seppure in ambiti diversi e con funzioni inaspettate – a questi oggetti, significa, non solo agire eticamente ed ecologicamente, ma anche permettere alla storia di partecipare alla costruzione del futuro, reintegrare il passato nel presente e consentire ad esso di plasmare l’avvenire.
Dopo aver lavorato con i sacchi di juta, originariamente usati come mezzi per il trasporto di merci e recuperati per diventare parte di grandi installazioni che hanno coperto edifici pubblici in varie parti del mondo, Mahama ha riutilizzato shoe-shine boxes trovate nelle strade di Accra e Tamale, macchine da cucire provenienti da vecchi siti industriali, aerei dismessi da compagnie di aviazione private e parti obsolete delle ferrovie nazionali ghanesi. Da oggetti e strutture in disuso come questi l’artista è partito per creare il nucleo di collages presenti in mostra e la grande installazione concepita come un lungo e alto binario di legno che si dispiega occupando l’intero corridoio della Fondazione.
Il titolo scelto per questa personale italiana, che segue il grande intervento pubblico presso i caselli daziari di Porta Venezia a Milano nel 2019 e la partecipazione alla Biennale di Venezia dello stesso anno, prende in prestito un termine dal dialetto ghanese: Voli-ni, che significa letteralmente “dentro il buco”, ma che è composta da singole particelle con significati propri.
vo: tirare fuori, estrarre
li: trasferire, teletrasportare
ni: qui e ora
Voli-ni quindi indica un’emersione dal buio, da un passato fallimentare di sconfitta, verso la possibilità di un riscatto, una rigenerazione, per il tramite di un portale vero (l’architettura recuperata) o immaginario (l’arte).
Il percorso della mostra prevede inoltre la possibilità di accedere ad esperienze phygital e nel metaverso che offrono uno sguardo diretto e inedito sul lavoro di Mahama e sui progetti che sta realizzando nella sua città di origine, Tamale, disponibili grazie al supporto tecnologico di Hevolus Innovation e Vodafone.
Biografia
Ibrahim Mahama è nato nel 1987 a Tamale, città a nord del Ghana dove vive e lavora. Ha studiato pittura e scultura presso la Kwame Nkurumah University di Kumasi, sotto la guida del suo professore e mentore karî’kachä seid’ou, conseguendo un master in pittura e scultura nel 2013. Durante gli anni universitari ha cominciato a lavorare a installazioni che riflettono sul tema della globalizzazione, del lavoro e della circolazione delle merci, con opere realizzate in collaborazione con le comunità locali.
Ha partecipato a numerose mostre pubbliche tra cui Documenta XIV, la Biennale di Venezia 2015, 2017 e 2019, anno in cui viene istituito il padiglione ghanese.
Di recente ha ricevuto il Premio Pino Pascali, dall’omonima fondazione pugliese, e il Prince Claus Award, dall’amministrazione olandese, un riconoscimento mirato a sostenere artisti che si impegnano nella diffusione della cultura e dello sviluppo sociale, specialmente in contesti difficili.
Nel 2019 Mahama ha avviato il Savannah Centre for Contemporary Art (SCCA), una fondazione gestita da un gruppo di artisti e curatori attivi in Ghana, a cui è seguita la nascita di Red Clay, nei sobborghi di Tamale. Questa grande struttura comprende studi d’artista (tra cui il suo), spazi di ricerca, una residenza per artisti, una collezione permanente di opere d’arte, aule per workshop (alcune allestite all’interno di vecchi aeroplani dismessi) e ampi appezzamenti di terra dedicati a vari tipi di coltivazione. Tutto ciò contribuisce alla volontà di questo visionario artista di contribuire attivamente allo sviluppo economico, sociale e culturale del proprio paese, fornendo alle nuove generazioni potenti stimoli e insegnamenti, nell’ottica di rendere la popolazione locale quanto più partecipe ed economicamente autosufficiente.